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depressione 

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La solitudine dà alla luce l’originale che c’è in noi.

 Thomas Mann



UN DOLORE 'SENZA SENSO'
Dalle parole di chi soffre di questa patologia emerge un tratto comune, la denuncia dell'incomprensione da parte degli altri, il lamento legato alla paura di non essere capiti e che il proprio disagio venga sottovalutato.
Questo avviene perchè nemmeno l’interessato sa che cos’è esattamente che fa male. C’è un dolore -Freud lo chiama un dolore psichico- che, però, non è localizzato in nessuna parte del corpo, al contrario di altre patologie come l'anoressia o gli attacchi di panico.
 Il fatto che il dolore non prenda la via del corpo fa sì che venga minimizzato da chi si trova a accogliere il lamento, preso per un atteggiamento capriccioso, per uno stato di indolenza superabile con l'impiego della buona volontà.
Invece, abbiamo a che fare con uno stato di profondo malessere, capace di paralizzare. L'inadeguatezza del proprio linguaggio nel tentare di far capire cosa si prova fa sì che non si riesca a beneficiare nemmeno della compassione e del riconoscimento da parte dell’altro, aumentando la chiusura ed il silenzio.

VIVERE IN UN LUTTO PERENNE

Nella quasi totalità dei casi un evento di perdita ( di una persona amata, di una rappresentazione di sé, di una condizione lavorativa, etc.) rappresenta la condizione di scatenamento che spesso si reperisce in chi soffre di depressione. Talvolta a questo incontro con la mancanza non viene dato molto peso, passa in sordina o non è nemmeno cosciente. E’ un altro evento di perdita che si verifica successivamente a rievocare precedenti episodi non adeguatamente elaborati che vengono così riattivati nella loro portata dolorosa e distruttiva.
La clinica psicoanalitica insegna che tutto ciò che non trova uno spazio di simbolizzazione attraverso la parola – perché negato o rimosso – tende a ripetersi, a ritornare sotto forma di sintomi che aggrediscono il corpo.
La difficoltà a svolgere un fisiologico lavoro simbolico di lutto fa sì che l’incontro traumatico con la mancanza si incisti nell’economia pulsionale del soggetto.
Il depresso vive e porta su di sé le insegne di un lutto perenne da cui non riesce ad uscire,  perché fatica a trasformare l’assenza nella presenza di ricordo accettabile.

QUALI EFFETTI ACCOMPAGNANO LA DEPRESSIONE?
Nella depressione si riscontrano spesso altri fenomeni che interessano il corpo e l’impedimento dell’atto: dalle tipiche posture di chiusura e difesa, da un rallentamento dell’azione o da una costante agitazione fino a sintomi ipocondriaci, ad azioni autolesive o ad agiti aggressivi o imprevedibili (frequenti cambiamenti di partner o occupazioni lavorative, rifiuto di situazioni fino ad ora ricercate, fughe maniacali in viaggi o progetti futuri non sostanziati da un’assunzione di responsabilità  e da una scelta consapevolmente meditata). Questi comportamenti hanno come unico fine quello di scaricare l’angoscia di dolore insopportabile e hanno, pertanto, il carattere dell’urgenza esplosiva.
L’oggetto perduto, su cui il soggetto investiva desideri, sentimenti, aspettative di soddisfazione e felicità non è più disponibile e questa portata di vissuti e di affetti vitali stagna nel soggetto, diventando eccessiva e quindi distruttiva. Mentre ciò che esiste nel mondo viene oscurato e perde di interesse, l’Io viene sovrainvestito e tutti i fenomeni che riguardano se stessi sono enfatizzati e problematicizzati. Le conseguenze sono il comparire di fenomeni di svalutazione di sé, di isolamento, di mancanza di entusiasmo, di rallentamento del pensiero e dell’azione, di debolezza fino alla paura ipocondriaca.
La vita sociale viene progressivamente deteriorata, gli interessi si restringono e anche le banali attività quotidiane diventano un impegno gravoso: curare la propria persona, mangiare, dormire, uscire di casa e parlare, lavorare si fa faticoso. La persona vive come in una dimensione spazio-temporale a sé, discordante e non sintonizzata con la realtà sociale, affettiva e lavorativa. Anche i ritmi quotidiani si sfasano: si sta svegli quando gli altri riposano e si dorme quando la gente è in piena attività. I pensieri pessimisti, il cattivo umore, il negativismo ampliano il processo di segregazione, in quanto scoraggiano i tentativi delle persone care di coinvolgere e ‘rianimare’ chi soffre di depressione che, così, si sente ulteriormente non capito nell’intensità della sofferenza che lo avvolge.
Anche l’amore del partner spesso non ha presa, anzi diventa mira di recriminazioni, di indifferenza e in appropriatezza rispetto all’entità del disagio provato. Una relazione prima solida, viene minata nei suoi fondamenti, causando un raffreddamento affettivo, un senso di impotenza e, spesso, ad allontanamenti inevitabili.

QUALE TRATTAMENTO PER LA DEPRESSIONE?

In alcuni casi molto gravi, l'intervento d'urgenza è il ricorso a psicofarmaci. Tuttavia, una volta tamponata l'emergenza, è necessario promuovere la remissione sintomatica affinchè gli esiti siano efficaci e duraturi. All'effetto analgesico prodotto dal farmaco deve essere associato un percorso di recupero della possibilità di far rinascere la vitalità, la passione ed il desiderio in se stessi e nel rapporto con gli altri.
Rimettersi in gioco nella relazione con l'altro può risultare faticoso e talvolta il farmaco assume la funzione di una scorciatoia chimica al lavoro di ricostruzione e di rilancio della propria vita, una scorciatoria che rischia di far indugiare il depresso in situazioni di blocco e di torpore analoghi a quelli promossi dal meccanismo della depressione, in una sorta di meccanismo circolare che si rinforza autonomamente.
L'analista può svogere una funzione di mediatore, di facilitatore e di sostegno affinchè la persona possa trovare la forza e gli strumenti per intravedere e percorrere nuovi orizzonti esistenziali.
Una reale ed efficace uscita dalla patologia non può prescindere dal coinvolgimento del paziente nel lavoro di comprensione delle ragioni del proprio malessere. mettersi in gioco ed assumersi responsabilità nella cura, fa sì che il paziente assuma il ruolo di protagoniseta del poroprio rilancio, attore in grado di influire in maniera determinente sul proprio stato.


DEPRESSIONI OGGI
Il fenomeno clinico della depressione esiste da sempre, veniva già chiamata dagli antichi ‘accidia’. Ha tuttavia assunto nell’attualità una modalità di diffusione generalizzata che tocca un numero sempre maggiore di persone che, in funzione della loro storia soggettiva, sono più vulnerabili a questa forma di disagio.
E’ possibile cogliere una connessione tra modernità, caratterizzata da modalità di rifiuto e rimozione della dimensione della perdita, e diffusione epidemica della depressione. La dimensione dell’insuccesso personale, dei limiti e dell’impossibilità è concepita oggi come un tabù vergognoso e da nascondere. La morte ed il lutto possono esistere solo come parte di uno spettacolo che entra nel circuito dello show business nei film, nelle inchieste, nei telegiornali. La morte, sempre e solo dell’altro, può essere solo vista come spettatori morbosi. L’uomo contemporaneo si contraddistingue come incapace di accettare il registro del limite, dell’impotenza, della fragilità insita nella propria strutturale condizione di finitezza. La castrazione viene negata a favore di una spinta al conseguimento maniacale di un irreale statuto di onnipotenza, dove la prestazione, la bellezza, la forza, il possesso e il consumo devono sempre essere tenuti ai livelli massimi, in una illusione narcisistica.


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Foto usata con licenza Creative Commons da paPisc
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