Chi decide chi è normale?
La normalità è un’invenzione di chi è privo di fantasia.
Alda Merini
La normalità è un’invenzione di chi è privo di fantasia.
Alda Merini
QUALE DIFFERENZA TRA PSICOLOGIA E PSICOTERAPIA?
Una delle prime domande che mi vengono rivolte durante i primi incontri è relativa alla differenza tra intervento psicologico e trattamento psicoterapeutico.
Anziché addentrarmi nella spiegazione delle differenze tra i due approcci, credo sia più opportuno puntare a cio' che accomuna i due ambiti di intervento: il fatto che una persona porti il proprio disagio, perchè venga ascoltato, accolto e trasformato in qualcosa di più vivibile.
L'oggetto della psicologia è lo studio delle funzioni e delle facoltà psichiche in generale
Il fine della psicoterapia orientata psicoanaliticamente è quello di farsi artisti di se stessi, di trovare in se stessi le risorse e le modalità personali per gestire il proprio rapporto con la sofferenza, con la mancanza.
Esiste un primo livello in cui il terapeuta opera per individuare, classificare e quantificare le forme e le modalità con cui si esprime una determinata fenomenologia sintomatica (ad esempio la 'depressione'), simili per tutti i pazienti ( i 'depressi') che rientrano in quella categoria diagnostica.
Tuttavia, la ricerca, soprattutto di orientamento psicoanalitico, ha messo in evidenza che l'applicazione di tecniche e strategie standard o il ricorso a trattamenti medico-farmacologici omologanti non siano, nel lungo periodo, risolutivi. Rischiano, in molti casi, di compromettere il processo di guarigione, suscitando persino altre forme patologiche di espressione.
Oppare opportuno allora annodare questo primo livello generale ad una dimensione più singolare, che consenta di accogliere e riconoscere il significato personale che ciascuno attribuisce alla propria sofferenza.
La psicoterapia ad orientamento analitico operare e mette in valore l’unicità del singolo, implicandolo nel ricercare modalità personali – e per questo esclusive ed originali – di trasformazione del sintomo in qualcosa che non causi più dolore e isolamento.
Entrambi questi ambiti, uniti insieme, fanno da terreno comune per fondare qualsiasi modalità di intervento che sia rivolto al bambino, all’adulto o all’anziano e per ogni forma di patologia, comprese tipologie di sofferenza grave come, ad esempio, la psicosi, l’autismo infantile, la disabilità. Perché anche in esse esiste un soggetto che sa comunicare chi è e che cosa desidera e che merita di incontare un ascoltatore attento e partecipe.
Anziché addentrarmi nella spiegazione delle differenze tra i due approcci, credo sia più opportuno puntare a cio' che accomuna i due ambiti di intervento: il fatto che una persona porti il proprio disagio, perchè venga ascoltato, accolto e trasformato in qualcosa di più vivibile.
L'oggetto della psicologia è lo studio delle funzioni e delle facoltà psichiche in generale
Il fine della psicoterapia orientata psicoanaliticamente è quello di farsi artisti di se stessi, di trovare in se stessi le risorse e le modalità personali per gestire il proprio rapporto con la sofferenza, con la mancanza.
Esiste un primo livello in cui il terapeuta opera per individuare, classificare e quantificare le forme e le modalità con cui si esprime una determinata fenomenologia sintomatica (ad esempio la 'depressione'), simili per tutti i pazienti ( i 'depressi') che rientrano in quella categoria diagnostica.
Tuttavia, la ricerca, soprattutto di orientamento psicoanalitico, ha messo in evidenza che l'applicazione di tecniche e strategie standard o il ricorso a trattamenti medico-farmacologici omologanti non siano, nel lungo periodo, risolutivi. Rischiano, in molti casi, di compromettere il processo di guarigione, suscitando persino altre forme patologiche di espressione.
Oppare opportuno allora annodare questo primo livello generale ad una dimensione più singolare, che consenta di accogliere e riconoscere il significato personale che ciascuno attribuisce alla propria sofferenza.
La psicoterapia ad orientamento analitico operare e mette in valore l’unicità del singolo, implicandolo nel ricercare modalità personali – e per questo esclusive ed originali – di trasformazione del sintomo in qualcosa che non causi più dolore e isolamento.
Entrambi questi ambiti, uniti insieme, fanno da terreno comune per fondare qualsiasi modalità di intervento che sia rivolto al bambino, all’adulto o all’anziano e per ogni forma di patologia, comprese tipologie di sofferenza grave come, ad esempio, la psicosi, l’autismo infantile, la disabilità. Perché anche in esse esiste un soggetto che sa comunicare chi è e che cosa desidera e che merita di incontare un ascoltatore attento e partecipe.